Apelle Figlio di Apollo
libro d’artista per i cento amici del libro
Luigi Ballerini e William Xerra
non ne va bene una: il mio “nessun giorno passi sine
linea” s’è ammorbato di senso pratico. E se la notte
non viene a spezzargli le catene, la sua disinvoltura
diventa bizzarria. E il bizzarro irridisce, con’è noto.
Prendete Campaspe dal volto regolare, una specie
di foglio diviso in due, e poi in quattro etc.: secondo
il maligno Daumier, Alessandro se n’era stancato.
Cederla a me che le morivo dietro non sarebbe stato
un sacrificio. Ne sofferse per altro, e maledettamente,
il mio lavoro indurito da una sequenza di male parole,
e da tutta una serie di prime volte, di atteggiamenti
inesatti. Oh, quanto avrei preferito una lotta contro
Maciste, un soggetto senza femmine d’attorno, pieno
di muscoli da rilevare sotto tuniche trasparenti, come
l’auriga di Mozia, che le fa impazzire. Ma il soggetto
uno non può darselo impunemente, può solo dedurne
l’assidua presenza nel baluginare di un etimo pieno
di rancore per le abusive occupazioni dei suoi esiti:
quel subjectum, quel gettato in basso e non proprio
sotto, magari, ma un poco di fianco, e comunque senza
che si sappia da chi o da che cosa, cioè senza che se ne
conosca l’agente che lo autorizza a dare segni di vita.
Rispondo pertanto con lacrime di gioia alle accuse
d’ingratitudine: di tutta la mia opera non resta nulla
apelle figlio di apollo, ancòra
col tredici, le cose vanne bene o male a seconda del luogo
dove il numero si manifesta e dove persino la gobba della
luna può segnalare in anticipo se il nascituro sarà femmina
o maschio. Oggi però tra sesso e gender c’è conflitto e non
si vede all’orizzonte un’arte destinata a comporlo. Scagliato
in un cretto di insaziabili “ho già dato”, o tra le fiamme di
un traguardo allontanato, l’uomo-donna e l’uomo-pantegana
prima fibrillano e poi riscuotono. Restano esclusi il donna-
uomo, l’uomo ragno, e massimamente il non uomo, l’extra
terrestre che quando è buono, come Michael Rennie, porta
un messaggio di pace. Per procedere occorre sprofondare,
regredire in ampiezza, infilarsi nella partenza, o ancora
discendere di cerchio in cerchio a caccia di una logica del
fare a tutti i costi che si lascia scartare (come nel gioco del
pallone), da una logica del fare ogni tanto che scarta (come
si scarta un oggetto), ma non elimina ciò che viene scartato,
facendolo tutt’al più arrossire timidamente. Ricordo soltanto
che ai miei tempi dipingevo linee talmente sottili che, dentro,
un’altra più sottile ancòra , non era possibile tracciarla