Eliseo Mattiacci
È duro ribadire prospettive ottimistiche in questo vuoto d’entusiasmo in cui ci troviamo, ma irresponsabile sarebbe non farlo, aggiungendo un’ulteriore canzone di lamento al coro dei velleitari, o un inno demenziale alle voci dei cretini che pur di non pensare (misurarsi con il proprio destino mortale) scambiano l’arte con lo sport e la moda, o l’entertainment. Sostenuti in questo, per altro, dall’«allegria di questa lunga festa, di questa interminabile domenica, di questa immotivata vacanza in cui [ha vissuto] l’arte» stessa (secondo che si è puntualmente espresso Giuliano Briganti, segnalando l’operato a contraggegno di Mattiacci) «dopo la irreversibile crisi dei tradizionali riferimenti alla natura, e quindi alla possibilità di rappresentarla».
Dopo «le radicali innovazioni» e le «successive sconvolgenti sfide dell’arte di questo secolo», ci si imbatte dunque nel Carro solare del Montefeltro, un’opera che sta come al centro di una costellazione nata forse con l’antichissima, oramai, Scultura lunatica (aratro e luna in ferro massiccio) del 1962, e di cui fanno parte anche la Piattaforma per un esploratore, del 1980, l’Alta tensione astronomica e gli Spazi stratosferici dell’84, oltre che, naturalmente, le Sculture stratosferiche di cui quella coeva al Carro (1986) riprende (o anticipa?) le “ruote” concavo-convesse del “veicolo solare”.
Sono opere che, per riassumere l’atteggiamento che abbiamo variamente definito “filosofale”, astrologico, alchemico, e la sapienza dedalica del fare ad esso connaturato – sapienza che nasce dal rapporto di comprensione amorosa che l’artista intrattiene con i materiali che parlano attraverso di lui, né più né meno di come le parole parlano attraverso il poeta –, rivelano, “a modo loro”, modi unici e irripetibili di appartenere sensatamente alla vita; rivelano l’abnorme, e anzi lo pongono come norma, come bilico precario tra paradigma e sintagma, tra asse della sostituzione e asse del paragone arbitrario trattato come equivalenza, come esperienza, infine, grazie alla quale si accede a ciò che nel mondo vi è di veramente sorprendente, di imprevisto, di inatteso: le qualità dell’essere nell’attesa dell’essere, e del dire nella promessa del dire,
qualità di arricchimento che, oltretutto, non costano nulla.
[“Eliseo Mattiacci scrutatore di cieli e di orizzonti d’attesa”, in Mattiacci. Occhio del Cielo, Ravenna, Danilo Montanari Editore, 2005]
Vademecum per il Carro solare del Montefeltro di Eliso Mattiacci”, in Eliseo Mattiacci. Il carro solare del Montefeltro. 1986-2003, Milano, Mazzotta, 2004
La torre dei filosofi, Ravenna, Essegi, 1989 (con Eliseo Mattiacci e Remo Bodei)
“Stunt o dei sereni inganni”, in Eliseo Mattiacci, Milano, Padiglione d’arte contemporanea, 1981