Paolo Icaro
Nel mazzo dei vetri vegetali che spuntano, non carezzabili, non ingoiabili, dalla colonna di gesso (Subito in alto), nella stecca di marmo sbocconcellata lungo la parte inferiore di un suo spigolo e con le scaglie raccolte in una timida garza metallica (Scolpire); nel gioco irriverente di un’equivalenza interrotta: due sbarre di gesso frontalmente disposte “contro” la dentatura di una terza sbarra spezzata e posta tra le prime due (In between); nelle fiamme ingenue di una perdizione bianco-azzurra, di un giudizio universale che brucia piuttosto come un presepe (Frammento di cornice), e in altri solchi ancora, in altre mareggiate, in altre promiscue omertà, l’infinire di Icaro non si rapporta a nessun traguardo perduto, a nessuna voglia di attrito o di ribrezzo. In questo in-(un)-finished, l’allusione compare ai margini, e anzi vi traspare soltanto, e come per “errore”. Non si fa questione, ben inteso, di interdetto e neppure di dimenticanza. Se il buco resta vuoto, ciò accade per una non volontà di riempimento (che qui si stipula come antipodale alla volontà di non riempimento).
Questo infinire, dunque, non abita né il mondo dei sospetti, né quello delle approssimazioni e neppure quello delle deformazioni.
Non è progetto e non è caso: l’antica διαφορά tra queste sollecitazioni confluisce nel processo del portare alla luce un destino formale. Messi languidamente in disparte gli spiriti aspri dell’antagonismo (sfoderati per altro in sede di responsabilità politica, “where they belong”), Icaro affronta il senso inedito di questo dialogocontrasto, distillando dalla necessaria contraddizione degli agenti il delirio della propria immobilità. Il pensiero già corre ai futuri Monodica bambù e Where Pink is Rosa Antico che sarebbero diventati due luoghi essenziali di una lungamente cercata (e finalmente raggiunta) maturità. Ma può altrettanto comodamente retrocedere fino a Cuborto, un’opera che l’artista ha definito come un «aborto di cubo» o «misura per errori volumetrici» , ma che, a giudizio di chi scrive, va assegnata a un ordine di pensiero meno aleatorio: se da un lato le catene (molli) che tengono insieme gli spigoli di questo cubo sono come delle iniezioni di veleno nelle giunture di oggetti minimalisti, dall’altro lato l’opera sorprende per la grande serenità della sua struttura ossimorica, per la scanzonata autonomia del suo essere rigida e fluida allo stesso tempo.
[Apollo, figlio di Apelle. Quattro artisti del secondo Novecento: Marco Gastini, Paolo Icaro Eliseo Mattiacci, Lawrence Fane, Venezia, Marsilio, 2016]
Paolo Icaro: Una forma tesa con preposizioni
Ravenna, Danilo Montanari editore, 2007
The Coaxings of Our End
Leggenda di Paolo Icaro
Ravenna, Essegi, 1991 (con Paolo Icaro)
Scommessa su Paolo Icaro
in “Quaderni del Cedro”, 1,
Comune di Malgrate (Lecco), novembre 1984
La parte allegra del pesce
Modena, I telai del Bernini, 1983 (con Paolo Icaro)